La situazione
Come analizzato da Confindustria in collaborazione con Prometeia, il rincaro delle materie prime è un fenomeno che, dall’ottobre 2020, riguarda tutte le commodities ed è da addebitare a varie ragioni.
Esiste una componente speculativa di carattere finanziario, sostenuta anche dalle politiche monetarie espansive, come nel caso dell’oro.
Vi è la fisiologica necessità di uscire da una lunga crisi depressiva, come per il petrolio, tornato a livelli pre-Covid.
Pesa, inoltre, in modo sostanziale la problematica dei container fermi. Negli ultimi tre mesi, infatti, il costo dei trasporti è quadruplicato. C’è stato un disallineamento tra l’economia cinese e quella del resto del mondo, perché la Repubblica Popolare esporta molto, ma non importa agli stessi livelli. Una delle conseguenze più destabilizzanti è che i container rimangono vuoti nei porti internazionali.
Tutti fattori che hanno pesanti ricadute anche sulla filiera della pelle e generano preoccupanti problematiche comuni a ogni segmento.
Gli effetti sulla filiera della pelle
In base all’indice dei prezzi elaborato dal Servizio Economico UNIC – Concerie Italiane, pelle grezza e prodotti chimici sono entrati in una fase di pressione estremamente sostenuta. La pelle grezza negli ultimi mesi ha visto i suoi listini aumentare in modo generalizzato e in modo pressoché irragionevole a fronte di concerie con lavoro bloccato e clienti manifatturieri che hanno diminuito in modo sostanziale la domanda. Allo stesso modo, i produttori di ausiliari chimici hanno avviato un generalizzato programma di significativi rialzi dei listini su tutta la gamma di ausiliari conciari. Queste tensioni si riversano, inevitabilmente, sulla manifattura e rischiano di trasformarsi in un boomerang capace di inibire le occasioni di ripresa di concerie, calzaturifici e pelletterie, mettendo a rischio la loro capacità di tenuta dei mercati, la marginalità e la propensione all’investimento.
Le pelli grezze
Come segnala UNIC, le pelli bovine medio-grandi (vitellame, vacche e tori) crescono senza sosta da 8 mesi e da inizio 2021 i loro listini, in media, sono aumentati del 13%. A confronto con 6 mesi fa, però, la crescita è tripla e si spinge al 36%. Su tutti spicca il toro: +23% tra febbraio e marzo 2021; +35% su fine 2020 e +96% rispetto a un semestre fa.
Simile il trend delle vacche i cui listini, nell’ultimo semestre, sono cresciuti del 70%. Per quanto riguarda il vitellame, gli aumenti sono ugualmente sostenuti: +23% in media sui sei mesi; +9% da inizio 2021. Non generalizzabile la tendenza della materia prima ovina: se alcune origini non mostrano particolari oscillazioni (come quelle australiane e neozelandesi), altre sono cresciute moltissimo.
È il caso delle ovine spagnole (+70% rispetto a sei mesi fa) e in generale di quelle europee.
Ci sono pelli, poi, che hanno raggiunto picchi ben maggiori, come il wet blue brasiliano: +122% rispetto alle quotazioni risalenti all’estate 2020.
Le dinamiche della domanda non giustificano questi aumenti così come il trend delle macellazioni, le quali, su alcune importanti piazze di approvvigionamento, stanno affrontando un calo di produzione al macello, ma non così estremo.
I prodotti chimici
Molte concerie segnalano, inoltre, la decisione dei fornitori chimici di aver avviato da aprile 2021 un programma di aumenti su tutte le tipologie di prodotto compresi tra il 5 e il 40%. In media, si aggirerebbero attorno al +15%.
Le ragioni di questi aumenti sarebbero da addurre, in gran parte, a difficoltà di approvvigionamento delle materie prime chimiche, le quali, tra l’altro, non starebbero diminuendo di prezzo. Il tutto aggravato da maggiori difficoltà nei trasporti che portano al relativo aumento dei costi logistici.
Per l’industria conciaria italiana la fornitura chimica rappresenta, a bilancio, la terza voce di costo. L’impennata di questi listini, dunque, si traduce in un ostacolo ulteriore e molto complesso da gestire, poiché arriva in un momento dell’anno in cui è già stata avviata la trattativa di vendita con i clienti su campionature e campionari.
La prospettiva
Secondo Confindustria molti rialzi avranno effetti di medio termine. Altri prezzi, trainati dal petrolio, si normalizzeranno nel corso del 2021. Ma ogni previsione, vista l’attuale e perdurante condizione di incertezza globale, sconta enormi margini di indeterminatezza e si basa sulla necessità di una diffusa messa in opera dei piani vaccinali che, come auspicano UNIC, Assocalzaturifici e Assopellettieri, possa rimettere in moto l’economia globale a partire dai consumi finali, riequilibrando una dinamica dei prezzi che genera reali preoccupazioni da parte di aziende che, di fronte a queste condizioni, temono di non riuscire a intercettare la ripresa.