INTERPRETARE LA CRISI, PROGETTARE IL NOSTRO FUTURO
Si è svolta oggi a Milano l’Assemblea Annuale di UNIC – CONCERIE ITALIANE. Sotto i riflettori l’analisi congiunturale del 2023, un anno caratterizzato, come ha spiegato il presidente Fabrizio Nuti, da “un’ampia contrazione delle nostre attività. Nemmeno quelle caratteristiche di flessibilità e di adattabilità all’evoluzione dei mercati, che sono da sempre i punti di forza di noi conciatori, ci sono state d’aiuto. È come se un virus, interno alla filiera, si fosse aggiunto ai fattori esogeni di questa crisi”.
Secondo i dati elaborati dal Servizio Economico UNIC, il valore annuale della produzione conciaria italiana nel 2023 è stato pari a 4,3 miliardi di euro, in calo del 6,5% sull’annata precedente. In volume, il calo equivale al -9,5%, arretrando sotto la soglia dei 100 milioni di metri quadri.
Il calo ha riguardato tutte le principali destinazioni d’uso della pelle italiana. “Quelle legate alla moda hanno sofferto maggiormente, con calzatura e pelletteria in ribasso a doppia cifra. L’automotive ha, invece, limitato le perdite meglio dell’arredamento”, commenta il presidente Nuti sottolineando come la Francia si confermi il primo mercato di destinazione dell’export e come “nel complesso, le nostre vendite verso l’area euro (incluso il mercato nazionale) sono ora pari al 77% del totale, quasi il 10% in più rispetto al 2013”.
Oltre al quadro economico, UNIC ha ulteriormente sottolineato come sul settore conciario italiano pesino alcune sostanziali incognite normative. Prima fra tutte, quella relativa al Regolamento UE n.1115/2023 anti-deforestazione EUDR. Normativa assolutamente condivisibile nel merito, ma non nei metodi di applicazione perché, commenta il presidente UNIC, “non si è tenuto assolutamente conto delle difficoltà di implementazione di questi nuovi modelli, che richiedono tempistiche completamente diverse da quelle programmate. Non solo. Queste strategie avrebbero dovuto valutare le specificità industriali dei singoli Stati membri, molto diverse tra Nord e Sud: non mi pare che se ne sia tenuto conto. Sembra che non ci si ricordi che sono proprio le piccole e medie imprese come le nostre ad essere un asset in grado di evitare il declino economico dell’Europa stessa”.
Davanti a un panorama complesso come questo, dunque, la sfida della conceria italiana è quella di “trovare nuove linee di direzione – conclude Nuti -. Nuovi modelli di sviluppo, nuove strategie di filiera e prodotto. Probabilmente dobbiamo cercarle anche al di fuori del nostro mondo, al di fuori di quello che abbiamo sempre fatto”.
UNIC - CONCERIE ITALIANE
Ufficio Stampa
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